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Quechua
gli ultimi Incas



I quechua sono una popolazione, che viveva originariamente in una piccola regione
nell'altipiano andino a sud del Perù,
Sono considerati gli eredi degli Incas e infatti hanno costituito
il nucleo più importante dell'impero Inca,
tanto che la loro lingua divenne la lingua ufficiale dell'impero.
Attualmente occupano la zona delle Ande centrali in Perù,
Bolivia ed Ecuador e presentano inoltre numerosi tratti
che discendono dalla grande cultura andina, come l’uso del flauto di Pan,
la religione, che mantiene riti e usanze pagane sotto la superficie cattolica,
e la mitologia, che riprende quella Inca.
I Quechua formano la maggior parte della popolazione rurale dei monti del Perù:
impiegano tecniche agricole tradizionali; coltivano patate e granturco
e allevano lama, alpaca, pecore e maiali.



I villaggi sono composti da vari gruppi di parentela e il coniuge viene scelto all'interno del villaggio,
dove le usanze tradizionali si trasmettono di generazione in generazione.
L'ambiente dell'altopiano delle Ande è privo di alberi; di giorno è sottoposto
agli implacabili raggi del sole e al tramonto subisce i rigori di una temperatura
che scende rapidamente sotto zero.
E'questo il motivo per il quale gli uomini e le donne hanno il volto color bronzo,
riarso dal freddo e dal sole; anche nei bambini più piccoli
le mani hanno la pelle screpolata dalle intemperie.



Hanno il torace molto largo che permette una notevole capacità di respirazione:
si tratta di un adattamento all'ambiente dell'alta montagna,
dove l'aria è più rarefatta.
La maggior parte della popolazione vive nelle valli e negli alti piani
a media altitudine,ovvero tra i 2.250 e i 3.500 metri,
dove i terreni sono più facilmente coltivabili.



La lingua del popolo andino è il quechua
che deriva direttamente dalla lingua degli Incas.
Il nome deriva dalla parola indigena qishwa, zona temperata,
ed è un'imposizione spagnola:
gli Incas lo chiamavano runa simi, lingua dell'uomo;
il runa simi era la lingua popolare,
le classi dominanti parlavano invece l'inca simi, una variante del quechua
che si ritiene fosse una specie di lingua segreta.
Gli spagnoli costruirono una grammatica, scritta
da Domingo de Santo Tomás nel 1560,
e iniziarono a insegnare il quechua all'Università di Lima,
una delle più antiche del continente,fondata nel 1551.
Del 1470 è l'Ollantay, l'opera più nota della lingua indigena, scritta da un anonimo.
Il Dramma Ollantay è considerato come un lavoro classico
della letteratura quechua e racconta la storia di un capitano di nome Ollanta,
estraneo alla nobiltà Cusquenian che faceva parte dell'esercito di Inka Pachakuteq.
Si distinse dagli altri per il suo coraggio e la sua abilità ma aveva un segreto:
la storia d'amore con la figlia del sovrano di nome Kusi Qoyllur.
Quando la chiese in sposa la sua richiesta fu respinta
in quanto non apparteneva allo stesso stato sociale della sposa
Deluso il giovane capitano si recò nella cittadina di Ollantaytambo
e incitò la popolazione alla rivolta contro l'esercito imperiale,
provocando una guerra che durò circa dieci anni.
 La città cadde per un tradimento: il capitano Rumiñawi
fece finta di essere dalla sua parte,
al fine di ottenere l'asilo, e durante la notte,
quando tutti dormivano, aprì le porte della città
permettendo l'ingresso dell' esercito e la cattura di Ollanta.
Fortunatamente, quando arrivò a Cusco, Inka Pachakuteq era già morto,
suo figlio era il nuovo sovrano e con sapiente clemenza
permise il matrimonio tra i due amanti
dalla cui relazione vecchia era nato una ragazza il cui nome era Ima Sumaq.



I Quechua, gli Ayamarà e le altre popolazioni delle vallate si distinguono per l'abbigliamento,
soprattutto per i vistosi cappelli portati dalle donne.
La donna indossa, al di sopra di tutto, uno scialle dai colori vivaci,
annodato a formare una sacca sulla schiena, l'aguayo,
per trasportare i bambini.



Gli uomini si proteggono la testa dal freddo con una sorta di zuccotto,
detto chulla, che ha due bande che scendono a coprire le orecchie.



Gli indios vivono allevando il lama, l'alpaca e la vigogna, unica fonte di sostentamento
che attualmente rischia di essere compromessa dalla minaccia di estinzione di queste specie.
La maggior parte delle abitazioni dei Quechua viene costruita approfittando delle risorse del luogo;
mattoni crudi, pietre o tavole nelle pareti; paglia, foglie di palma, tegole o fango per il tetto.
Il legno si usa più nelle valli o nelle yungas e meno nell’arido altopiano
per cui è più facile trovare case di due piani nelle valli o nelle yungas,
che non sull'’altopiano dove si incontrano ancora abitazioni con tetti di argilla.
Ogni abitazione forma un complesso abitativo abbastanza diversificato
che si accresce a seconda dei componenti della famiglia che la occupa.
I mobili sono pochi ed essenziali: un tavolo e a volte una sedia o uno sgabello.
I vestiti di solito stanno sulle traversine del tetto o ai chiodi.
Non lontano dalla casa stanno i diversi cortili degli animali tranne i conigli andini
che di solito si installano sotto la piattaforma-camera..



I villaggi della Sierra hanno una struttura abbastanza simile:
sulla piazza principale sorgono la chiesa, il municipio e la caserma,
mentre le abitazioni si espandono a ridosso di questo nucleo centrale.
Solo lungo il Canyon del Conca, dove c'erano le miniere di rame,
i villaggi sono più grandi.



Essi sono stati costruiti dagli spagnoli e sono dominati da enormi cattedrali
che testimoniano la conversione degli Indios alla religione cattolica.
Lungo il lago Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo,
gli indios raccolgono i giunchi per costruire barche,



capanne e piccole isole galleggianti ancorate al fondo del lago
con pesanti pietre e che ospitano piccoli villaggi.



La coca è utilizzata in tutta l'area andina da tempi immemorabili.
Le foglie di coca, masticate o bruciate, sono sempre state impegnate nei rituali magici e religiosi
perché producono effetti allucinogeni.
Molti contadini Indios masticano abitualmente foglie di coca
poiché li aiuta a sopportare la fatica fisica che affrontano
per lavorare la terra in alta quota.



La passione per la musica deriva da antiche tradizioni.
I musicisti quechua e ayamarà continuano ad utilizzare strumenti
già esistenti in epoca incaica, come la "quena"
(flauto di canna senza becco in origine ricavato dalla tibia degli animali)



o il "pinkuyllu" (flauto gigantesco usato per le feste).



Tuttavia essi hanno saputo adottare ed elaborare gli strumenti e le tecniche
importate dagli spagnoli per creare nuovi suoni.
La chitarra, ad esempio, è ora uno strumento tipico della musica popolare peruviana,
benché fosse sconosciuta prima dell'arrivo degli spagnoli.
Gli indios la adattarono alle proprie esigenze trasformandola nella "charanga".
Durante alcune fiestas si svolgono gare che talvolta si trasformano in vivaci scontri
tra le comunità di diverse vallate.



Una festa rievoca in modo simbolico lo scontro tra gli Incas,
rappresentati dal Condor delle Ande,
e gli Spagnoli rappresentati dal Toro.
Così, per dimostrare la superiorità degli Incas sugli Spagnoli,
viene inscenata una sorta di corrida in cui un toro
entra in pista con un condor vivo legato sulla schiena.



Dopo la festa il condor viene rimesso in libertà.



I Quechua e gli Ayamarà sono i diretti discendenti della grande civiltà Inca
e in loro sono ancora vive le antiche tradizioni custodite e tramandate
oralmente nei secoli e che tuttora fanno parte della vita quotidiana.
Nonostante l'evangelizzazione voluta dagli spagnoli,
gli antichi riti continuano ad essere tramandati.
Il dio creatore è Viracocha, qualificato come "Antico Signore del cielo"
e "Signore e maestro del mondo"; e considerato il creatore della Terra



degli animali e degli esseri umani: plasmò gli uomini,
li distrusse e poi li creò nuovamente scolpendoli nella pietra,
disperdendoli poi nelle quattro direzioni;
insegnò agli uomini molte attività e compì molti viaggi,
arrivando anche a solcare l'oceano Pacifico, secondo alcune versioni
su un'imbarcazione ricavata dal proprio cranio,
secondo altre camminando sulle acque.
Gli inca lo adoravano senza sacrifici né tributi.
Inti,invece, è il dio del Sole,
e ed era la divinità tutelare della casa reale;
era considerato l'antenato di ogni sovrano inca.



La grande festa del Sole, detta Inti Raymi,
veniva celebrata il giorno del solstizio d'inverno.
La sposa di Inti si chiamava Mama-Kilya, la Madre Luna,



ed era incaricata di regolare il ciclo mestruale delle donne.
Il dio della pioggia, Apu Illapu, era onorato da pellegrinaggi e sacrifici,
anche umani, nei tempi di siccità.
Pachamama, la Madre Terra, era considerata la Signora delle cose visibili,
regina delle montagne e delle pianure.



Secondo la leggenda Pachamama aveva uno sposo (che era anche suo fratello),
Pachakamac, lo spirito che permette la crescita di tutte le cose,
il padre dei cereali,degli animali terrestri, degli uccelli e degli esseri umani.
Dalla loro unione nacquero due gemelli, un maschio e una femmina.
Come in altri miti andini, il padre morì oppure, secondo altre leggende
sparì in mare e rimase prigioniero di un incantesimo in un'isola del litorale.
Pachamama rimase vedova e sola con i suoi figli.



Sulla Terra regnava l'oscurità.
In lontananza videro una luce che seguirono salendo montagne,
attraversando lagune e combattendo contro mostri.
Infine arrivarono in una grotta conosciuta come Waconpahuin,
abitata da un uomo chiamato Wakon. Questi aveva sul fuoco
una patata e una pentola di pietra.
Chiese ai due figli di Pachamama di andare a prendere l'acqua.
I due tardarono e Wakon tentò di sedurre Pachamama.
Vistosi rifiutato la uccise, divorò il suo corpo
e mise i resti in una pentola.
I due gemelli tornarono e chiesero della madre.
Wakon non raccontò nulla e disse loro che sarebbe tornata a momenti,
ma i giorni passavano e la madre non tornava.
Huaychau, uccello che annunciava l'alba,
ebbe compassione dei due gemelli e raccontò la verità sulla loro madre,
mettendoli in guardia del pericolo che correvano rimanendo con Wakon.
I bambini allora legarono i capelli di Wakon ad una grossa pietra
mentre questi stava dormendo e scapparono in fretta e furia.
Incontrarono una volpe, Añas, che dopo aver chiesto loro
il motivo del loro fuggire, li nascose nella sua tana.
Nel frattempo Wakon si liberò e si mise in cerca dei gemelli.
Incontrò dapprima vari animali a cui chiese se avevano visto due gemelli,
ma nessuno seppe aiutarlo.
Incontrò, infine, Añas. Questa gli disse che i bambini erano
in cima ad una montagna e che avrebbe potuto, una volta in cima,
imitare la voce della madre in modo che i bambini uscissero allo scoperto.
Wakon si mise a correre affannosamente verso la cima
e non si accorse della trappola che nel frattempo l'astuta volpe Añas gli aveva teso.
Wakon cadde da un burrone e, morendo, causò un violento terremoto.
I gemelli rimasero con Añas che li alimentava con il suo sangue.
Nauseati chiesero se potevano andare a raccogliere qualche patata.
Trovarono un'"oca" (Oxalis Tuberosa, un tubero simile alla patata)



assomigliante ad una bambola, con cui giocarono finchè si ruppe un pezzo.
Allora i bambini smisero di giocare e si addormentarono.
Nel sonno la femmina sognò di lanciare il suo cappello in aria
e che questo rimanesse sospeso senza ricadere.
La stessa cosa accadeva, nel sogno, ai suoi vestiti.
Una volta sveglia raccontò il sogno al fratello.
Mentre i bambini si domandavano il significato del sogno, videro in cielo una corda lunghissima.
Incuriositi si arrampicarono e salirono.
Alla cima della corda videro il loro padre, Pachakamac,
impietosito per le loro disavventure.
Riuniti al loro padre, vennero trasformati nel sole e nella luna.
Per quello che riguarda Pachamama, essa rimase sempre in basso,
assumendo la forma di un imponente nevaio chiamato, anche oggi, La Viuda (la vedova).



L'attuale popolazione del Perù e dell'Ecuador è costituita per circa il 45% dalla etnia Quechua
e da una minoranza Ayamarà (mentre in Bolivia toccano addirittura il 70%).
I meticci, nati dall'unione degli spagnoli con gli indigeni,
rappresentano il secondo gruppo etnico
mentre i creoli, di origine spagnola, costituiscono il 15% della popolazione peruviana.
Questi ultimi, nonostante la minoranza numerica, da sempre hanno rappresentato
la classe dominante. Gli indigeni, al contrario, occupano il gradino inferiore della scala sociale.
La terra costituisce il problema principale dei Quechua.
i loro terreni più fertili e coltivabili sono stati espropriati a vantaggio dei latifondisti.
Molti Indios sono stati costretti ad emigrare nelle grandi città di Lima e di La Paz,
dove vivono poveramente di lavori marginali.
Ma è assai impossibile conciliare i loro diritti territoriali
con l’invadenza delle compagnie petrolifere in un paese
dove il petrolio costituisce la maggior fonte di ricchezza
(300.000 barili al giorno)e con la deforestazione.
Questo quadro è aggravato dalla piaga del narcotraffico:
Ormai l’Ecuador non è più un anello secondario della catena internazionale.
Tutto questo disegna un futuro pieno di incognite per i popoli indigeni,
che continuano a vivere emarginati nonostante la loro forte consistenza numerica.
Ancora oggi i quechua sono vittime di conflitti politici e persecuzione etnica.
Nella guerra civile peruviana del 1980 tra il governo e Sendero Luminoso
circa tre quarti del numero di morti stimato 70.000 erano quechua,
La politica di sterilizzazione forzata sotto Alberto Fujimori
si è rivolta quasi esclusivamente alle donne quechua e aymara,
per un totale superiore a 200.000.
Il regista boliviano Jorge Sanjinés ha affrontato
la questione della sterilizzazione forzata già nel 1969
nella suo lungometraggio Yawar Mallku in lingua quechua .



La discriminazione etnica continua a svolgere un ruolo a livello parlamentare.
Quando i membri peruviani nuovi eletti del parlamento,
Hilaria Supa Huamán e María Sumire giurarono in quechua,
per la prima volta nella storia del Perù,
Il presidente Marta Hildebrandt e il funzionario parlamentare
Carlos Torres Caro non rifiutato il giuramento.



PREGHIERA A PACHA MAMA

"Terra, Dea divina, Madre Natura, che generi ogni cosa
e sempre fai riapparire il sole guardiana del cielo, del mare e di tutti gli Dèi e le potenze;
per il tuo influsso tutta la natura si quieta e sprofonda nel sonno.
E di nuovo quando ti aggrada tu mandi innanzi la lieta luce del giorno
e doni nutrimento alla vita con la tua eterna promessa;
e quando lo spirito dell'uomo trapassa è a te che ritorna.
A buon diritto invero tu sei detta Grande Madre degli Dèi;
Vittoria è il tuo nome divino.
Tu sei possente, Regina degli Dèi!
O Dea io ti adoro come divina, io invoco il tuo nome,
degnati di concedermi ciò che ti chiedo,
in modo ch'io possa in cambio colmare di grazie la Tua divinità,
con la fede che ti è dovuta.."

Erbario inglese del XII secolo, British Museum.

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